Un racconto per immagini che è insieme mappa emotiva, dichiarazione d’amore e atto poetico. È stato accolto con grande partecipazione, sabato 28 giugno, il ritorno del regista Andrea Traina al festival “L’ingegnere di Babele”, con la seconda parte del docufilm “Un proscenio di pietre rosa”. Un progetto in divenire che continua a indagare l’universo di Gesualdo Bufalino attraverso una narrazione cinematografica intima e rigorosa, in equilibrio tra memoria, visione e parola. Girato con uno stile che fonde sensibilità autoriale e precisione documentaria, il film si muove lungo i paesaggi fisici e letterari che hanno abitato la vita e l’opera dello scrittore comisano, restituendone la complessità con immagini di struggente bellezza. Il pubblico, sollecitato anche dalla riflessione introduttiva del presidente Giuseppe Digiacomo, ha seguito questo viaggio nell’anima dei luoghi e delle parole con emozione palpabile. Traina ha definito il progetto un “work in progress” destinato a diventare presto un’opera completa, in grado di raccontare l’essenza più profonda dell’immaginazione bufaliniana. “È un viaggio nell’anima segreta di un territorio che si disvela come una sinfonia visiva attraverso i paesaggi iblèi e l’eco immortale della parola bufaliniana, seguendo il filo invisibile che lega la geografia all’immaginazione, la pietra al sogno”, ha detto il regista intervenendo insieme all’attore protagonista Gaetano Aronica che, pellegrino tra memorie e suggestioni, ha letteralmente “calpestato le stesse pietre rosa” per restituire, con intensità e rispetto, la voce e la presenza di Bufalino. Il festival ieri sera ha proposto al pubblico lo spettacolo “Dicerìe”, che ha trasformato il loggiato della Fondazione Bufalino in uno spazio di ascolto immersivo, dove parola e musica si sono fuse in una sorta di jam session letteraria. La voce dell’attore Giovanni Arezzo e le sonorità ipnotiche di Giorgia Faraone – tra synth, loop station e canto – hanno dato vita a un viaggio innovativo nella lingua barocca e lirica di Bufalino, in cui ogni parola è risuonata come fosse nuova. Una riflessione sonora sull’animo umano, sul potere evocativo del linguaggio, sull’inesauribile capacità della parola di raccontare il nostro tempo interiore. La quinta edizione de “L’ingegnere di Babele” si avvia alla conclusione con uno degli appuntamenti più attesi, l’adattamento teatrale del capolavoro “Diceria dell’untore”, in programma venerdì 4 e sabato 5 luglio, sempre alle 21.00 nel loggiato della Fondazione. Diretto da Giampaolo Romania con la drammaturgia di Giuseppe Ferlito, lo spettacolo – già accolto con successo in diversi teatri – restituisce la densità poetica e metafisica del romanzo, scavando nei temi della malattia, della memoria, del senso di colpa e della speranza. Bufalino scrisse “Diceria dell’untore” partendo dalla sua esperienza autobiografica nel sanatorio della Rocca, a Palermo, dove fu ricoverato nel 1946 per una grave forma di tubercolosi. Il romanzo – e la sua trasposizione teatrale – raccontano un tempo sospeso, dove la morte aleggia come un’ombra e la vita, testarda, resiste. Una riflessione sulla bellezza, sull’amore, sul limite. E sull’arte come redenzione. Intanto fino al 31 luglio sarà visitabile la mostra “Poesia del visibile. Bufalino per Guccione”, allestita presso la Galleria FGB della Fondazione che omaggia il grande pittore sciclitano nel 90° anniversario della nascita, attraverso un dialogo tra le sue opere e le parole di Bufalino. Il festival “L’ingegnere di Babele” 2025 è promosso dalla Fondazione Gesualdo Bufalino, e sostenuto da Assemblea Regionale Siciliana, Libero Consorzio Comunale di Ragusa, Comune di Comiso, Camera di Commercio del Sud Est Sicilia, e dagli sponsor Banca Agricola Popolare di Sicilia e Agriplast SpA di Vittoria. Tutti gli eventi si svolgono a Comiso, presso la Fondazione Bufalino (Piazza delle Erbe 13), con ingresso gratuito.

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