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Bao, il raviolo della Pixar sfonda agli Oscar: dall’infanzia alla sindrome del nido vuoto

Un corto cino-canadese

Bao è uno dei corti più importanti nell’enorme e ricco panorama della Pixar animation studios per almeno un numero imprecisato di motivi, uno dei quali è certamente legato alla sua regista canadese di origini cinesi. Domee Shi è la primissima donna che dirige un cortometraggio del famosissimo studio della Pixar. Un altro è invece l’interesse della Pixar di unire varie tematiche. su un piano multiculturale, come già successo con Sanjay’s Super Team, utilizzato come apripista per il film ”Il viaggio di Arlo”.Bao corto pixar raviolo

Viviamo in un mondo che vive di contaminazioni. Un universo in cui prodotti e idee provenienti da altre culture sono diventate cosi ”mainstream” da quasi perdere il loro più importante significato. Quando parliamo di quelle usanze oltremare che ormai abbiamo assimilato, come ad esempio il sushi o gli involtini primavera, oppure le bacchette usate per mangiare da alcuni paesi dell’estremo oriente, si evince. come il nostro mondo si stia globalizzando, come ogni ”diversità” si stia trasformando in qualcosa di ”comune” . La vera rivoluzione è, però, tradurre le emozioni, far sì che vadano oltre stili, culture e abitudini, che diventino universali e capaci di arrivare al pubblico di ogni luogo del nostro pianeta.Bao corto pixar raviolo

La storia di un raviolino

La prima curiosità che salta subito all’occhio osservando le immagini di Bao è il raviolo cinese attorno al quale si concentra il plot della storia: la sua adorabile, soffice rotondità è quella che cattura l’interesse del fruitore e fornisce. il principale appeal per il pubblico più giovane. Ma questa è solo la superficie del commovente corto di Domee shi, l’inizio di una storia la cui vera protagonista è la madre cino-canadese. che vi si dedica in modo viscerale e morboso.Bao corto pixar raviolo

Lo accudisce e cresce fino a quando l’età non porta il figlio a volere più spazio e libertà, ”partorendo” nella madre quella che molti conosco. come ”sindrome del nido vuoto”, ovvero l’incapacità di accettare che il proprio figlio lasci la propria casa, pronto a vivere una propria vita e a crearsi uno spazio nel mondo, l’incapacità. di gestire la distanza delle persone più importanti della nostra vita, ossia i figli.

Gli spettatori più giovani potranno godersi tutto ciò, ma potranno non cogliere le implicazioni e il sottotesto degli sviluppi della trama che saranno invece più accessibili ai loro accompagnatori adulti. Poco male, la grande animazione può, e deve, fare anche questo. Ecco a voi il video:Bao corto pixar raviolo

 

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